Evitare mosso e micromosso: la guida per il digitale


Una volta erano al massimo 12, poi sono diventati 18, adesso addirittura 24. Cosa? sto parlando dei megapixel sulle reflex aps-c! Possiamo stampare dei cartelloni 3×2 metri ormai anche con le reflex comprate al supermercato.

A parte una serie discutibile di vantaggi, l’aumentare dei megapixel ha portato anche all’aumento del rischio di avere micromosso nelle nostre foto. Tutto questo per la malsana curiosità di controllare le foto ingrandite al 100%, pratica a cui ci spingono più o meno tutti i club/forum di fotografia sul web. In realtà dovremmo sempre considerare la destinazione che avrà la foto (ad esempio una stampa in formato piccolo/medio) e non spulciarla al millimetro a priori come se dovessimo davvero stamparla su un lenzuolo come scherzando ho detto a inizio articolo.

Tralasciando ora la polemica sulla densità dei sensori, vediamo una semplice guida per evitare mosso e soprattutto micromosso dalle nostre fotografie con qualsiasi reflex e qualsiasi sensore.

Primo passo: adottare un tempo di scatto “di sicurezza”.

La regola classica dice che per non avere del mosso bisogna scattare con un tempo almeno superiore all’inverso della focale. Ovvero se stiamo scattando con un 50mm, dobbiamo scattare con tempi almeno più veloci di 1/50s. Con un 100mm scattiamo più veloci di 1/100s e così via.

Regola giustissima, che vale per i sensori Full Frame e per la pellicola, per il digitale in formati ridotti, come per l’ingrandimento, bisogna moltiplicare questi tempi per il fattore di crop.

Ad esempio un 100mm su aps-c ha l’angolo di campo di un 160mm su FF, il nostro tempo di sicurezza sarà 1/160s.

E per le reflex con sensori densissimi, ad esempio la nuova Nikon D3200 (24 assurdi megapixel) consiglio di stare abbondanti e magari scattare anche con un ulteriore stop di margine (nel caso di un 100mm, scattare ad almeno 1/200s-1/250s)

Secondo passo: tenere la posizione giusta.

Parliamo della posizione di scatto, che è una cosa importantissima: le regole base sono poche e semplici. Bisogna stare con i piedi leggermente larghi, con quello “principale” (il primo che usiamo per salire uno scalino) leggermente in avanti. Busto rigido, addominali leggermente tirati, gomiti vicini al corpo e macchina fotografica tenuta correttamente con due mani (la destra sui comandi e la sinistra sotto all’obiettivo), ma soprattutto appoggiata alla testa tramite l’imbottitura dell’oculare. In questa maniera saremo un treppiede “umano”.

Terzo passo: trattenere il fiato.

Come ci insegna chi spara o tira con l’arco, anche il respiro può dare vibrazioni in grado di rovinare il tiro, o nel nostro caso, la foto. Lo scatto, compatibilmente con la situazione e la vivacità del soggeto, dovrebbe essere fatto dopo aver completamente svuotato i polmoni, in apnea quindi, poco prima di ricominciare a respirare.

Quarto passo: scattare una raffica.

Spesso la foto risente del movimento del dito/mano sul pulsante. Scattando una raffica di 3-5 foto, gli scatti intermedi non dovrebbero risentire di questa cosa e quindi presentare una nitidezza maggiore rispetto ai primi e gli ultimi. Ovviamente questa procedura porta ad occupare più spazio sulla memoria per una sola fotografia, e richiede un minimo di tempo per confrontare tra loro gli scatti in postproduzione.

Quinto passo: cercare un appoggio esterno.

A meno che non si scatti in mezzo al deserto o sulla pista di un aeroporto, sarà facile trovare possibili sostegni come un muro, una colonna, un tavolo, un albero a cui appoggiarsi e ottenere ancor più stabilità.

Sesto passo: usare lo stabilizzatore.

Se l’ottica ha la stabilizzazione, usiamola!! tanto gli elementi ottici “aggiuntivi” dentro all’obiettivo ci sono, non si possono evitare (così faccio contenti chi dice che le ottiche stabilizzate sono meno nitide della versione liscia) quindi tanto vale tenere attaccato lo stabilizzatore che regala sempre almeno 1 o 2 stop di margine.

 

 

Image  Credits: BoazImages